i racconti brevi  
 
  San Servolo 21/11/2024 06:29 (UTC)
   
 

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È semprecosi’quandomi metto in testa una cosa!San Servolo un’isoletta della laguna di
Venezia di fronte alla Salute.Non so’ il perche’ di questo mio insistere nel volere entrare
nelle cose che mi porta sempre sui posti per vedere, neanche fossi quel San Tommaso famoso
nel toccare per credere.Ho letto da qualche parte che la peste a Venezia fosse stata portata
da un ambasciatore mantovano della corte dei Gonzaga recatosi dal Doge per chiedere aiuto
ai veneziani per combattere i milanesi che assediavano la citta’ dei 3 laghi.
Era il 1630 tal portavoce di Mantova ,dice la storia vero o falsa che sia,giunto nella citta’
del leone alato venne confinato ,o imprigionato,messo in quarantena nell’isoletta di fronte
A San Marco per le voci dell’epidemia che mieteva vittime nella Pianura.
Resta il fatto che da li’ si diffuse il morbo che falcidio’ per anni la citta’.La leggenda narra’
di un falegname recatosi nell’isola a costruirgli un mobile che trasporto’ la morte nera,altre
storie parlano di topi malati scesi dalle navi venute dall’oriente,di zecche infette nelle
 mercanzie di spezie,ma per decenni quelle gondole colorate con i loro tristi carichi solcaro
no i canali della laguna.Nero fu quel periodo e nere divennero le gondole e tali restarono
anche alla fine del morbo.Si edifico’ la Chiesa della Salute di fronte a San Marco e ogni
anno in ricordo di quello sterminio di anime nel giorno del Redentore con fuochi e preghiere
si porta alla memoria la fine dell’incubo.Beh ,oggi ci sto andando.Oggi è una di quelle
giornate di luglio che non c’è nessuno in giro,afosa ,umida,tutta la gente è chissa’ dove alla
ricerca di pertugi affollati accalcandosi solo per dire”c’ero anch’io li’”.Ci vado,voglio
sapere chi era quel messaggero forse di morte che dall’isola vedeva i gonfaloni della Venezia
dei Dogi,voglio vedere le sue camere della casa sull’isola,il suo letto dal quale ripensava al tradimento subito e al male oscuro che aveva portato ,voglio toccare la sua tomba,voglio
sentire e capire se mi parla questo mio avo padano.Il finestrino aperto dell’auto nel viaggio
mitiga il calore che sale dalla strada,gli odori si sorpassano mentre vado,da quello forte della
campagna a quello salmastro del mare che si avvicina.Guido ma non vedo la strada ,
la mia mente è in quella camera sull ‘isola, persa sullo sguardo del mio triste ambasciatore.
Solo sul ponte che mi porta alla citta’ dei miei destini c’è gente,bus con targhe di paesi lontani,
con facce bianche che guardano dai finestrini, cosi’ distanti da chi capisce le fatiche del mare,
quelle poche a piedi sono un misto vociare di lingue e colori mediorientali,i veneziani non ci
sono,sono andati via ,non riescono a vivere la loro citta’,solo l’avvicinarsi della visione del
campanile del santo mi ricorda dove sono.Pochi passi a piedi e sono davanti a S.Lucia,e di li’
a poco l’attracco dei vaporetti.Qui c’è troppa gente,giovani con valige e zaini enormi,uomini
con camicie bianche e occhi a mandorla che bevono dalle loro bottigliette e i soliti venditori
di cianfrusaglie che ti assalgono,non è il mio mondo,non è la mia isola.Devo chiedere,devo
sapere qual è il mio vaporetto,sono tutti qui in fila a leggere,sono gia’stanco e deluso,me ne
vado via.Quella ragazza appoggiata al muretto che aspetta sicuramente è veneziana,lo capisco,
non si guarda intorno,conosce gia’la sua meta.Mi avvicino e le chiedo.Il 20 risponde con una
voce sottile che non lascia capire chi è.Di lei mi colpisce quello che ha in mano,una pesca
matura,l’accarezza come fosse un dono,un qualcosa di caro,che strana cosa!Ecco sta arrivando
il 20,attracca e il marinaio abbassa la passerella.Saliamo.Non siamo in tanti,non so’il perché,
forse ancora quella vecchia paura oppure piu’ nel recente quell’isola diventata manicomio non
godeva di fortuna migliore?Chi c’era tra di noi,parenti che andavano sulle tombe dei cari
morti sul quell’anfratto di terra ?Padri ,figli di gente che aveva perso il lume della ragione
e non erano piu ritornati da quello scoglio? Mi sono seduto all’interno del vaporetto,fuori
c’è troppo sole,troppa afa nei canali.Chiudo gli occhi mentre questo lascia l’attracco.
Stiamo uscendo dai canali della citta’,non ci sono piu’ le case intorno a noi, esco sul ponte.
Che bello adesso,il sole non ti brucia,senti solo il rumore del motore e le onde che incontrano
lo scafo,il vento che ti spettina dolcemente. In coperta rivedo seduta sola quella ragazza che
mi aveva aiutato alla ricerca,con un cappellino di paglia quasi da bambina,una camicetta di
lino verde come il mare che ci circondava e la sua pesca in mano.Si tiene una mano sul cappello,
non vuole che il vento glielo porti via,con l’altra fa saltellare il frutto .Vado a prua della barca
cosi’ posso incrociare il suo sguardo,vederle il viso baciato dal sole,le voglio parlarle,è sola
come me in questo corto viaggio.Piange.Ha gli occhi gonfi,cosa le sara’ successo?Un brutto
voto d’esame,una delusione d’amore o che altro?Mi trattengo impacciato dopo aver accennato
a un sorriso d’approccio,sul suo viso ancora quasi immaturo una lacrima le scende come fosse una
lama che strazia sia il viso che i sentimenti.Vorrei dirle qualcosa per confortarla ma non trovo
le parole,forse ne ha bisogno e se invece pensa male di quel ragazzo magro e spettinato che la
guarda,ma che vuole questo?L’isolotto si avvicina,si intravedono le mura di quel che era un
manicomio e ancor prima convento e lazzaretto,poche piante,poco verde su una terra brulla
sferzata dal sole e dal vento.Ci appoggiamo dolcemente,la passerella si abbassa,scendiamo.
Ci incamminiamo verso il porticato che si affaccia sulla piazzetta,col mio sguardo seguo i
passi della giovane donna difronte a me,si tiene ancora il cappellino,il vento è forte qui’ in
questo angolo,come vorrei allungare la mano e fermarla e chiedere il perché dei suoi occhi
cosi’gonfi.Ecco che all’improvviso un soffio di vento piu’ forte le toglie il copricapo col quel
nastro arancione intorno,aveva per un’attimo allentato la presa ,le vola via,accanto a me,qui,
su questa siepe d’alloro.Lo raccolgo e glielo allungo,le nostre mani si sfiorano e un brivido nel
sentire la voce e dirmi il suo nome.Il suo viso adesso è piu’ sereno,nessuna lacrima lo solca,
il vento e il sole hanno asciugato quei tristi pensieri,solo gli occhi vogliono nascondere un recente
passato ,sorride.E’bella,con quel suo cappellino di paglia col nastrino arancione,quella camicetta
verde mare ,jeans e quelle scarpe da tennis bianche.Ancora titubante e quasi impreparato alla
sua cordialita’ci incamminiamo insieme tra quei muri che sembrano un labirinto,ad ogni angolo
 i muri cambiano colore,sono colori accesi dal rosso vivo al verde intenso,un labirinto che
risale al vecchio lazzaretto.Mi chiede il perché della visita in questo luogo dimenticato,che non è
da turisti,e le spiego la mia voglia di capire e sentire le cose.Mi guarda e ride,sembra aver
gia’ dimenticato le sue tristezze,i suoi occhi prima velati dal pianto adesso risplendono di
stupore e simpatia.Si offre come guida in questo mio conoscere il luogo e io seguo le sue
parole quasi incantato della sua spontaneita’.Mentre è davanti a me nel cammino il vento
le disegna gli abiti al corpo,è esile e slanciata,ma con una voce sicura di quello che dice,
sembrerebbe essere vissuta in questo luogo da sempre.Arrivati all’ingresso del vecchio
convento quasi ridendo mi indica che è giorno di chiusura,che per oggi non avrei conosciuto
il mio ambasciatore.Ci dirigiamo verso il cimitero sconsacrato dell’isolotto.Quasi fosse un
gioco spostando le erbe bruciate dal sole e dalla salsedine ,leggiamo i nomi di chi non c’è
piu’sulle vecchie diroccate tombe,cercando l’ultima dimora del mio richiamo.La nostra
ricerca è stata vana.Ci sediamo su una panca all’ombra di una pianta di pino marittimo,
e con un gesto sicuro e nello stesso tempo delicato ,divide la sua pesca e me ne porge la
meta’.Mi sembrava tenesse tanto a quel frutto,dividerlo con uno sconosciuto che va alla
ricerca di sogni?Adesso le chiedo del suo precedente pianto e …….anticipandomi mi dice
da domani avrebbe lasciato la sua casa veneziana per trasferirsi nella urbana Mestre,palazzi
uguali e gente che non vuole conoscersi,una citta’ dormitorio che non vive.Mentre parla
gli occhi sembrano ritornare alla sua vecchia casa,al sestriere di Rialto,con i suoi angoli e
i suoi odori,alla gente che incontravi tutti i giorni sui ponti e nelle vecchie botteghe,al
dialetto della citta’ che non risentira’ tra quelle nuove vie.Credo di capire lo sconforto
di quella ragazza che ha passato la sua gioventu’in quegli angoli che conosce a menadito,
il non ritrovare al risveglio i sorrisi e le parole di uno scorcio di vita.Adesso capisco della
sua fuga qui,in questo angolo che è stato suo e che vuole rivedere prima di lasciare.
Si vede la citta’ mentre scendiamo verso quel piccolo bar ,il suo sguardo la fissa come
fosse per un’ultima volta .C’è un vecchio pescatore su un pontile con intorno uno stuolo
di gatti in attesa,noi ci sediamo li e guardiamo la scena ,la corsa degli animali quando getta
le piccole prede alle bestiole e senza accorgersi ,ci teniamo le mani.Le ombre della sera stanno
avendo ragione del giorno,il tempo è volato,dobbiamo correre al molo per l’ultimo vaporetto.
Arriviamo correndo prendendoci per mano appena in tempo di vederlo allontanarsi con la sua
scia di gabbiani stridenti e fumo.Il prossimo sara’ domattina,non ci preoccupiamo abbiamo la
notte davanti per parlare ,per conoscerci.Ci sediamo sul vecchio pontile,siamo abbracciati,
solo il rumore dei flutti sugli scogli,il vento è calato, nel cielo le stelle hanno invaso la notte.
Mentre ci baciamo per un ‘attimo il mio pensiero corre al mio ambasciatore, e se avesse anche
lui trovato qui in questo lembo di terra l’amore prima della morte?Siamo coricati e guardiamo
il cielo ,non diciamo niente e chiudo gli occhi felice.Sento uno scossone improvviso e riapro
le palpebre,vedo il marinaio che abbassa la passerella.. l’insegna dell’isola di San Servolo.
Ma come ,mi sono addormentato nel tragitto,possibile che tutto questo sia stato un sogno?
Scendendo dal vaporetto riconosco quei posti ,quei muri,davanti a me quella ragazza…..le
sta volando via il cappellino di paglia!
 
 
  sogni,storie e realta'........
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  misura solo il tempo...non le emozioni
  io...
Voglio che la mia vita assomigli ad un libro usato...stropicciato, consunto, sottolineato, strappato, con le orecchie su tante pagine.
Non voglio ritrovarmi con un volume nuovo di zecca alla fine.
  impossibile?
ma come si fa' a spiegare a una persona che in un sorriso puo' trovare anche la risposta di tutta una vita?
  per te.....
tatuero' il tuo corpo...ali stilizzate sulle scapole per ricordarti che sei un angelo...disegni arabeschi per identificare la tua schiena..spirali che sovrastono il seno per arrivare al capezzolo ,il punto piu' sensibile..ma sara' tutto hennè..nessun segno permanente,solo io devo sapere..gli altri devono meritarseli
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SKYPE: ilianoik3ldl
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